Vi inoltro un interessante intervento arrivatomi da
Maria dei Grifoni Rantolanti (iscriviti come ha fatto Erica!!!).
E' molto lungo, interessante e stimolante. Quindi nel caso coinvolgesse altri argomenti oltre a questo, siete pregati si postarlo nei suddetti topic. Se no toccherà a me farlo. Non ho smembrato lo scritto per non intaccarne l'interezza.
Buona lettura!
Che razza di donne!
Piccola ricerca sulla donna friulana nel passatoDopo lungo scartabellare, convinta che da qualche parte ci fosse qualcosa a tal proposito, finalmente posso esclamare eureka!
Il famoso articolane sulla donna friulana nel medioevo mi è capitato tra le mani più per sbaglio che per reale impegno: Bontà divina!
Le notizie a seguire sono tratte da “La documentazione femminile da documenti friulani dell’età dei castelli”, di Maria Tore Barbina (1940-2007). Laureata in lettere classiche, docente di Materie Letterarie, è stata assistente di Letteratura latina e medievale all'Università di Trieste e docente di paleografia latina all'Università di Udine.
Ha pubblicato numerosi studi di linguistica, storia e critica letteraria.
Nell’articolo, che è lungo parecchie pagine e che vi consiglio di leggere (lo farò fotocopiare), vi sono alcuni importanti punti da segnalare.
1- “La posizione della donna era migliore nel X, XI e XII secolo di quanto non sia dal XV-XVI secolo in poi, quando ormai si era fissata quell’evoluzione (o involuzione!) che dal XIII secolo aveva cominciato a cambiare la situazione, in seguito al ritorno di una forte influenza del diritto romano.
2- L’autrice parla a lungo della storia di Romilda, longobarda finita impalata per aver tentato di negoziare con gli avari. La studiosa afferma infatti che “delle poche donne che, occasionalmente, e perché dotate di carattere eccezionalmente forte, riuscirono ad assumere qualche carica politica o ad esercitare un potere pubblico si disse che la loro importanza derivava dalla loro estrema licenziosità”. Nulla di nuovo sotto il sole, salvo per il fatto che l’ha affermato una storica.
3- In età romana la donna, seppur soggetta alla volontà dell’uomo (padre marito o fratello) inizia (specialmente in età imperiale, ad avere una maggiore autonomia. Il cristianesimo farà il resto, dal momento che “chiunque ripudia una moglie e ne sposa un’altra commette adulterio nei suoi riguardi e se essa, dopo aver ripudiato suo marito, ne sposa un altro, commette adulterio. (Marco X, 11-12; Matteo XIX, IX)”. Emergono così sante, martiri, e nascono ospedali fondate da giovani cristiane, dal carattere decisamente poco arrendevole.
4- Nell’aprile dell’847, una badessa triestina (cerchiamo di immaginarla, la buona vecchina), dà disposizioni per quello che riguarda la sua eredità e lascia “all’Abate Lupone di Sesto 55 ceste di olive, e minaccia pene pecuniarie e anatema de patre et filio et Spiritu Sancto a chi dei suoi parenti volesse opporsi alle sue volontà”.
5- Il diritto romano, che tanto ha condizionato la legge nel medioevo, parla chiaro: la donna è in una condizione di inferiorità senza possibilità di replica. Benché il diritto longobardo (che tanto influisce sulle leggi friulane) ricalcasse, la stessa linea, la storica afferma che “solo verso l’anno 390 [...] si era ormai diffusa una visione cristiana della vita, davero rivoluzionaria nella sua affermazione di uguaglianza tra uomo e donna. Il diritto longobardo, al contrario di quanto comunemente si crede, era più pronto a subire l’influsso delle idee cristiane ed era anche certamente più vicino alle usanze delle popolazioni celtiche che abitavano il Friuli prima dell’arrivo dei romani, di quanto non fosse il diritto romano”.
6- Arriviamo finalmente al XIII secolo. Benché la donna non avesse diritti sui patrimoni, “ci sono però, sia pur rari, anche documenti in cui agiscono in prima persona solo donne”. L’esempio più carino è quello di Imeltrude, che lascia alle figli (occhio ai nomi) Helica, Frixa, Cesara e Vibana un mansio di Castions, retto da un uomo. Siamo nel 1214.
7- Una chicca divertente, viene da un documento che riguarda il monastero di S.Maria presso Aquileia, fondato da Poppo (metà XI secolo). “L’eccezionalità di questo documento per la storia della condizione della donna in Friuli, sta nella descrizione della cerimonia, compiutamente feudale - il vassallo che rende omaggio al signore e ne riceve un beneficio - che vede nella parte del signore una donna: l’Abbadessa, e nella parte del vassallo un uomo, e nel fatto che questa investitura aveva anche valore canonico”. Non si tratta di un documento sicuro: e tuttavia non è l’unico che, nel corso del XIII ci parla di investiture da parte di badesse.
8- Altrettanto carino, per noi armigeri, sapere che “Le monache di Aquileia, come tutti i signori feudali, avevano anche obblighi di prestazioni feudali”. Non che ci aspettiamo di vedere monache armate di spada e boccoliere, ma “in caso di necessità la badessa doveva presentare fino a sedici decine di pedoni [...], e contribuire anche alla guardia diurna e notturna di Aquileia e in caso di guerra doveva fornire 24 uomini armati in difesa della città”.
9- Nonostante la legge restrittiva che riguardava le successioni di beni, la storica ci ricorda che il buon patriarca Marquardo (1296-1381) si battè a lungo contro l’interpretazione restrittiva del diritto di successione in Friuli. Egli si “opponeva ai rappresentanti della borghesia udinese che volevano imporre un principio secondo il quale le femmine erano escluse dal diritto di ereditare sia dagli ascendenti che dai discendenti che dai collaterali”.
10- Marquardo o non Marquardo, “per il XIII e XIV secolo c’è una buona quantità di documenti, che ci presentano una certa varietà di situazioni: ad esempio il castrum et locum de Areis cum vassallatico, dominio et iurisdctionem” era un feudo del patriarca che poteva essere ereditato da maschi e femmine. Si trovano anche parecchi feudi di abitanze [...] che comportavano l’obbligo della residenza personale e di obbedienza e accoglienza al patriarca secondo determinate forme, ereditati da donne.”
Ancora più carino, è il fatto che “nei documenti goriziani dello Joppi troviamo un documento che ci dice anche come avveniva l’investitura di un feudo: Beatrice, figlia di fu Pancrazio, milite abitatore di Vipacco, si presentò dal patriarca Bertrando (primi decenni del ‘300) chiedendo di essere investita dei beni che le spettavano dall’eredità paterna. Il Patriarca, toccato dalle preghiere di Beatrice, ne accetta il giuramento di fedeltà e la investe dei feudi che aveva già avuto il padre, toccandola con la fibbia della clamide”.
11- Ennesima chicca la troviamo nella triste storia di Elisabetta di Rissau, nobildonna: praticamente un romanzo, vi consiglio di darci un’occhiata. Trovo tuttavia interessante il fatto che Elisabetta, poi rimasta vedova e proprietaria di parecchi beni nonché tutrice dei figli, abbia una figlia, Gertrude, che intorno al 1378 “aveva probabilmente espresso il desiderio di andare a vivere da sola, e il padre accondiscese a questo desiderio; infatti il codicillo dice che, nel caso che Gertrude non volesse maritarsi e decidesse di abitare da sola, le doveva venir assegnata una casa in Udine, [...], e doveva ricevere dalla madre la rendita di cinque marche.”. Due considerazioni emergono: se le condizioni dopo il XIII secolo peggiorano, per le donne, la mia immaginazione mi lascia qualche spazio per quello che riguarda il XIII secolo. E la seconda, che a Gertrude è andata decisamente MEGLIO DI ME, che sto ancora a casa coi miei!!!
12- Interessante anche la figura di Beatrice di Gorizia (primi decenni XIV), personaggio decisamente carismatico. “Morto il marito, Enrico II di Gorizia, che era il più importante feudatario del Friuli, prese decisamente…in mano la situazione. Non toglierò al lettore il piacere di scorrere le interessanti gesta di questo avventuroso personaggio: mi limiterò a riportare che: “ Non è difficile immaginare la contessa, nella sua stanza preferita, la stupa, quella che si poteva scaldare, circondata dai suoi fedeli, militari e scribi, che faceva conti, stipulava trattati, o stringeva la mano al decano della chiesa di Aquileia, ai messi di Udine e di Gemona, in segno di promessa di reciproco sostegno, oppure che se ne andava a Treviso, per governare quella terra, o a Udine, ospite di Federico Savorgnano, per trattare la pace con Rizzardo da Camino, a proposito di Sacile.”.
13- Certo c’è chi potrà aggiungere, contestare, arricchire con altre notizie interessanti. Tuttavia concluderei la mia ricerchina riportando quanto segue: “In Germania almeno nei secoli XIV e XV era concessa la possibilità per le donne che si sentissero in grado di farlo, di sostenere un duello personalmente. L’edizione del 1467 del Fchtbuch di Hans Tahloffer è una testimonianza preziosa in tal senso. Nel testo viene illustrata una donna, probabilmente di estrazione non nobile” [...] affrontare “un uomo. [...]. Un’analoga situazione viene illustrata anche in un testo più antico (1400) del maestro d’armi Paul Kal [...].”
Questo ci dice il Maestro Massimo Malipiero ne “l Fior di battaglia di Fiore dei Liberi da Cividale”, parlando del duello giudiziario.
Credo che non sia del tutto casuale, rispetto al discorso fatto precedentemente sulle leggi germaniche. Si tratta di una riflessione che può essere contestata o discussa, ma intanto lancio il sasso...